Benvenuti nel cimitero ebraico di via Campagnola, un luogo molto importante per la comunità ebraica. Un luogo volto a custodire non solo le spoglie mortali di donne e uomini che si sarebbero succeduti nei secoli a venire, ma anche la testimonianza di una storia millenaria, ricca di tradizioni e significato culturale.
La storia di questo luogo sacro inizia nel 1527, dopo la devastazione del precedente campo in via della Gatta.
Inizialmente il cimitero comprendeva solo l’area circostante, ma vista la presenza sempre più rigogliosa della comunità ebraica, fu ampliato nel 1653 per iniziativa del rabbino Salomone Marini. Il precedente ingresso - ora chiuso - è visibile sul lato sinistro delle mura in via Campagnola, davanti all’ingresso degli altri due antichi cimiteri ebraici.
Come tutti i terreni sacri, questo luogo custodisce un significato profondo per la cultura ebraica, principalmente per due ragioni. La prima, quella fondamentale, è che si tratta di un luogo nettamente separato dal mondo dei vivi. Qui, infatti, si celebra e si contempla il trapasso. La seconda è legata alle sue lapidi, molte delle quali custodiscono storie e simboli volti a rappresentare continuità, ricordo e connessione spirituale.
Per i visitatori non ebrei sarà possibile notare immediatamente alcune differenze fondamentali rispetto ai cimiteri cristiani. La prima riguarda le lapidi, che non sono circondate da omaggi floreali, né presentano immagini dei defunti. Questa assenza rappresenta una motivazione molto precisa, legata alla netta separazione tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Ogni preghiera dovrà infatti essere rivolta a Dio in quanto creatore, custode e giudice delle anime dei defunti, le cui spoglie mortali appartengono al passato.
Come potrete notare, inoltre, su ogni lapide sono posate delle pietre. Questa usanza ha diversi significati. Quello storico rappresenta la continuità con una tradizione antica, che prevedeva la copertura dei tumuli con dei sassi. Il significato simbolico è legato alla permanenza della memoria: le pietre,
infatti, non appassiscono e testimoniano, attraverso il tempo, la visita e il tributo al defunto da parte di coloro che gli rendono omaggio.
Mentre i cimiteri cristiani spesso consentono varie forme di omaggi e decorazioni floreali, nei cimiteri ebraici non si usano tali manifestazioni, enfatizzando la semplicità e il rispetto per la memoria del defunto attraverso la preghiera e il ricordo.
Le pratiche relative alla sepoltura ebraica si sono tramandate nel corso dei secoli, adattandosi a diverse posizioni geografiche e contesti culturali, pur preservando i principi religiosi fondamentali.
Per la tradizione ebraica il cimitero è uno spazio sacro dove il corpo ritorna alla terra, mentre l'anima continua il suo viaggio. La sepoltura è considerata un profondo atto di rispetto e dignità, che rafforza la fede nella prossima resurrezione dei morti. Le lapidi, spesso semplici e modeste, recano iscrizioni in ebraico, che commemorano i defunti e talvolta offrono parole di saggezza o conforto.
Le lapidi ebraiche sono spesso monumenti semplici e verticali, privi di sculture o decorazioni elaborate, che riflettono l'umiltà e l'uguaglianza nella morte. Questo luogo rappresenta quindi uno spazio sacro volto a preservare una tradizione millenaria che onora i defunti e fornisce consolazione ai vivi, in un percorso di testimonianza e di eterna connessione tra le generazioni.
Al termine della visita, ogni visitatore verrà invitato a compiere un gesto rappresenta un simbolo di purificazione e simboleggia il ritorno al mondo della vita. È noto come "Netilàt Yadàyim", che si traduce in "lavaggio delle mani". Per questo, all’ingresso del cimitero è posto un lavabo.
Lo scopo principale di questa usanza è legato alla presenza di un’aura di impurità spirituale, che aleggia nel cimitero e che rimane sulla persona finché non si lava le mani.